MEDIA – Il cibo è cultura e identità: ‘Spirito Artigiano’ e la difesa del nostro patrimonio alimentare

MEDIA – Il cibo è cultura e identità: ‘Spirito Artigiano’ e la difesa del nostro patrimonio alimentare

Il nuovo numero di ‘Spirito Artigiano’ è dedicato al cibo e alle sfide per difendere la qualità e la ricchezza del nostro patrimonio alimentare dalle minacce della globalizzazioni dei consumi e dalle derive mediatiche e commerciali.

Giulio Sapelli, Presidente della Fondazione Germozzi, analizza il cibo come una pratica sociale fondamentale, influenzata dal controllo biopolitico nelle società tardo-capitalistiche. In un contesto dove i consumatori sono addestrati a produrre desideri per alimentare la macchina del profitto, il cibo diventa una liturgia della nuova religione della salute. La nutrizione è vista come un mezzo per raggiungere l’eternità, seguendo diete e comportamenti prescritti. Sapelli richiama il lavoro di Mary Douglas per comprendere come i concetti di purezza e pericolo nell’alimentazione siano strumenti per riprodurre le strutture di senso in ogni società, oggi profondamente trasformate.

Per Paolo Manfredi, consulente per la Trasformazione digitale di Confartigianato, l’alimentazione italiana è un pilastro dell’identità nazionale. L’Italia vanta una varietà eno-gastronomica unica, frutto della connessione con le culture locali e dell’innovazione. Tuttavia, Manfredi avverte che questo equilibrio è minacciato da trasformazioni rapide, come la chiusura dei ristoranti familiari e l’omologazione dell’offerta alimentare. Per preservare la qualità e la sostenibilità del cibo italiano, Manfredi propone una ricostruzione della cultura alimentare nazionale attraverso politiche pubbliche e il ruolo centrale di artigiani, contadini e ristoratori. La sfida è creare una food policy italiana che promuova una nuova cultura alimentare, attenta alla salute, alla sostenibilità e alla qualità della vita.

E’ sulla stessa linea il giornalista Carlo Cambi che critica l’attuale percezione della gastronomia, ridotta a fenomeno mediatico e commerciale, distaccata dalla sua dimensione culturale e antropologica. Richiama l’importanza della gastronomia come manifestazione culturale e identitaria, radicata nella storia e nella scienza sociale, piuttosto che come semplice soddisfazione di un bisogno alimentare. Cambi evidenzia la necessità di riconnettere la filiera agroalimentare, valorizzando il ruolo degli artigiani e del cuoco come produttori di beni culturali. Propone l’idea del “Cuoco d’Arte” o “Arti-chef”, un maestro di cucina che lavora direttamente con i prodotti locali, mantenendo un forte legame con il territorio e la tradizione. Cambi suggerisce la creazione di un circuito e di una guida per promuovere questa figura, che non solo prepara cibi, ma rappresenta anche una fonte di esperienza culturale e identitaria. Insiste sull’importanza di una cucina autentica, radicata nella manualità e nella creatività, contrapposta alla standardizzazione e all’omologazione del gusto imposte dalle multinazionali.

Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio studi di Confartigianato, sottolinea l’importanza del settore agroalimentare italiano nel contesto economico internazionale. Nonostante la crisi globale, questo settore dimostra una forte resilienza, sostenuto sia dalla domanda estera che dall’interesse interno per i prodotti biologici e a chilometro zero. Il sistema agroalimentare italiano è caratterizzato da una catena del valore articolata, con una significativa presenza di micro e piccole imprese artigiane che influenzano la qualità della produzione e favoriscono un dinamismo delle esportazioni.

Marzia Morganti, giornalista ed esperta di enogastronomia, esplora la connessione tra arte e artigianato in cucina. Riferendosi al celebre libro di Pellegrino Artusi e a moderne trasmissioni televisive, l’autrice sostiene che la cucina può essere considerata una forma d’arte grazie all’impegno e alla creatività dei cuochi. Citando lo chef Massimo Bottura, Morganti evidenzia come la qualità artigianale sia centrale nella cucina, dove i cuochi sono visti come artigiani che creano piatti capaci di stimolare tutti i sensi, integrando tradizione e innovazione. Il cuoco, secondo Morganti, diventa artista quando riesce a trasformare ingredienti di qualità, spesso forniti da produttori artigianali, in esperienze culinarie che rappresentano un incontro di cultura, storia e sapori.

Vladi Finotto, docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia, sottolinea che il settore agroalimentare è responsabile di quasi un terzo delle emissioni globali, e la transizione sostenibile richiede un ripensamento della produzione e del consumo, con un ruolo chiave per l’artigianato. Finotto propone un nuovo patto tra produzione artigiana e consumo urbano-regionale per promuovere la sostenibilità. Gli artigiani del cibo, con le loro competenze tecniche e capacità di innovazione, possono catalizzare questa transizione. La chiave è facilitare il loro ruolo con politiche di supporto e formazione continua, seguendo esempi come la James Beard Foundation negli Stati Uniti.

Igles Corelli, chef rinomato con cinque stelle Michelin, enfatizza l’importanza dell’artigianato nel mestiere del cuoco. Corelli sostiene che la cucina dovrebbe rimanere ancorata all’artigianato, poiché si basa su creatività, manualità e contatto diretto con i produttori. Critica la falsa narrazione degli show televisivi, che spesso allontanano le persone dalla realtà della cucina. Corelli vede il ruolo del cuoco come ambasciatore del Made in Italy e incoraggia i giovani a intraprendere questa carriera, sfatando il mito delle condizioni di lavoro insostenibili. La pandemia ha rafforzato il rapporto tra piccoli produttori e ristoratori, un aspetto che Corelli ritiene cruciale per il futuro della cucina artigianale.

Roberta Garibaldi, docente all’Università degli studi di Bergamo, evidenzia l’importanza strategica del patrimonio enogastronomico italiano, non solo per il suo valore culturale, ma anche come potente attrattore turistico. I turisti, sia europei che d’oltreoceano, mostrano un crescente interesse per esperienze enogastronomiche locali. Questa tendenza può essere una risorsa per artigiani e botteghe storiche del gusto, che custodiscono tradizioni culinarie preziose. Tuttavia, queste attività affrontano difficoltà economiche e la mancanza di ricambio generazionale, rischiando di scomparire. Garibaldi suggerisce che il turismo, se ben gestito, può rivitalizzare queste realtà, promuovendo la sopravvivenza e la valorizzazione delle tradizioni enogastronomiche attraverso interventi di supporto, formazione, defiscalizzazione e creazione di reti territoriali.

L’International Street Food, ideato da Alfredo Orofino, è un evento itinerante che celebra la cucina di strada italiana e internazionale. Nato otto anni fa, ha visto un successo crescente, con 150 tappe e oltre 12 milioni di visitatori l’anno scorso. La manifestazione valorizza piatti regionali tradizionali come arrosticini abruzzesi, arancini siciliani e bombette pugliesi, oltre a specialità internazionali, promuovendo inclusività e curiosità gastronomica. La qualità e la tradizione sono criteri fondamentali nella selezione dei partecipanti. L’evento non solo permette al pubblico di scoprire nuove pietanze, ma rappresenta anche un’importante piattaforma per chef di strada di eccellenza.

Giovanni Boccia, direttore della Fondazione Germozzi, analizza il film “Il Gusto delle Cose” di Tran Anh Hung, che esplora l’intreccio tra cibo, artigianato e relazioni umane nel contesto dell’alta cucina francese del XIX secolo. Il film, ispirato al romanzo di Marcel Rouff, narra la storia di Eugenie, cuoca artigiana, e Dodin-Bouffant, celebre gastronomo, la cui relazione evolve attraverso la cucina. La pellicola celebra l’arte culinaria come espressione di amore e dedizione, lontano dalle competizioni culinarie televisive. Con la collaborazione dello chef Pierre Gagnaire, il film enfatizza la preparazione del cibo come un processo artistico e manuale. La presenza della giovane Pauline, aspirante cuoca, sottolinea l’importanza della trasmissione del sapere artigiano tra generazioni.

In questo numero di Spirito Artigiano, Antonio Payar, dirigente di Confartigianato, mette in evidenza il messaggio con cui il Cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha aperto la 50ª Settimana Sociale dei Cattolici italiani svoltasi aTrieste. Ha usato l’espressione “Amiamo l’Italia e, per questo, ci facciamo artigiani di democrazia, servitori del bene comune”. Questo concetto sottolinea l’impegno per rigenerare la democrazia attraverso un approccio “artigiano”, che combina ispirazione e intelligenza creativa. L’intelligenza “artigiana” è definita dalla sua capacità di sfidare le certezze e di innovare, operando fuori dagli schemi. Essere “artigiani” significa essere aperti all’ignoto, inventare e creare, partecipando attivamente e liberamente alle relazioni sociali. La creatività, secondo questo approccio, è essenziale per mantenere l’umanità e promuovere una democrazia partecipativa.

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